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La densità di scambio

Esaminiamo il termine di scambio:

\begin{displaymath}
- \sum_j \delta(\sigma_k, \sigma_j)
\int \phi^*_j(2) \frac{2}{r_{12}} \phi_k(2) \phi_j(1) \, dv_2
\end{displaymath} (6.46)

A differenza del termine di Hartree, non ha la forma $V_H(1) \phi_k(1)$, dove $V_H(1)$ contiene l'integrazione sulla variabile 2. Ha piuttosto una forma del tipo
\begin{displaymath}
\nonumber
\int V_x (1,2) \phi_k(2) dv_2
\end{displaymath}  

che caratterizza una interazione non locale.

Per cercare di comprendere questo termine, definiamo la seguente ``densità di scambio'':

\begin{displaymath}
\rho_x(2) \equiv \sum_j \delta(\sigma_k, \sigma_j) \frac
{\p...
...^*(1) \phi^*_j(2) \phi_j(1) \phi_k(2)}
{\phi_k^*(1) \phi_k(1)}
\end{displaymath} (6.47)

Con questa definizione, il termine di scambio (6.46) si può riscrivere
\begin{displaymath}
- \left[ \int \rho_x(2) \frac{2}{r_{12}} \, dv_2 \right] \phi_k(1)
\end{displaymath} (6.48)

Lo scopo di questa definizione un po' artificiosa è stato quello di riuscire a scrivere formalmente il termine di scambio come il prodotto di un ``potenziale efficace'' per $\phi_k(1)$, risultante da interazioni elettrostatiche con una distribuzione spaziale di densità di carica, esattamente come abbiamo fatto per il termine di Hartree.

La densità di scambio ha le seguenti proprietà:

  1. vi contribuiscono solo gli elettroni con lo stesso spin di quello che stiamo considerando
  2. rappresenta una quantità di carica totale pari a 1. Infatti
    \begin{displaymath}
\int \rho_x(2) dv_2 = \sum_j \delta(\sigma_k, \sigma_j)
\fra...
...(1)}{\phi_k^*(1) \phi_k(1)}
\int \phi^*_j(2) \phi_k(2) \, dv_2
\end{displaymath} (6.49)

    da cui si vede che i termini con $j\ne k$ danno contributo nullo, mentre quello con $j=k$ dà un contributo pari a uno. Questa carica è dunque quella dell'elettrone che sto considerando, ma distribuita in qualche modo nello spazio. Da notare che se considero uno stato $k$ eccitato, ossia non occupato, allora è sempre $j\ne k$ e la carica di scambio è nulla, come si conviene ad un elettrone ...che non c'è.
  3. esaminiamo cosa succede quando i punti 1 e 2 tendono a coincidere. In questo limite la carica di scambio tende a
    \begin{displaymath}
\sum_j \delta(\sigma_k, \sigma_j) \phi^*_j(1) \phi_j(1)
\end{displaymath} (6.50)

    ossia alla densità totale nel punto 1 di tutti gli elettroni con lo stesso spin dell'elettrone $k$.

Vediamo dunque che, nell'equazione di Hartree-Fock per l'elettrone $k$, il primo termine (quello di Hartree, ma con somma estesa a tutti i $j$) include le interazioni efficaci con tutti gli elettroni, incluso $k$. Il termine di scambio toglie l'interazione dell'elettrone che stiamo considerando con se stesso.

Consideriamo ora la densità di carica totale (Hartree+scambio) con lo stesso spin dell'elettrone $k$. Questa densità è nulla nel punto in cui si trova $k$, perchè in quel punto il termine di scambio compensa esattamente il termine di Hartree come indicato dall'ultima proprietà sopra. Quindi è come se il nostro elettrone trascinasse con sè una buca, detta buca di Fermi, che tiene lontani gli altri elettroni con lo stesso spin. Si tratta ovviamente di un effetto dovuto al principio di esclusione.

Notiamo infine che il metodo di Hartree il termine escluso dalla somma $j=k$ esclude--in modo più rudimentale--l'interazione dell'elettrone $k$ con se stesso: lo stesso effetto rappresentato dal termine di scambio nelle equazioni di Hartree-Fock.


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furio 2002-02-24