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Metodo perturbativo
Supponiamo che l'hamiltoniano possa essere scritto in forma
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(5.1) |
dove è un ``hamiltoniano di riferimento'' i cui autostati
si suppone noti:
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(5.2) |
e una ``perturbazione'' che supporremo piccola, e indipendente
dal tempo. Supporremo inoltre che non vi sia degenerazione,
ossia che gli siano tutti diversi (il caso in cui vi
è degenerazione si può pure trattare senza troppa difficoltà).
Consideriamo le soluzioni del problema completo:
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(5.3) |
Poichè le costituiscono un insieme completo, è di
certo possibile espandere le secondo
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(5.4) |
Con questa posizione la (5.3) diventa
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(5.5) |
da cui
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(5.6) |
Moltiplichiamo a sinistra per e integriamo.
Utilizziamo per brevità la notazione di Dirac
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(5.7) |
(integrato su tutte le coordinate).
Si ottiene, sfruttando l'ortonormalità delle ,
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(5.8) |
Fino a questo momento non è stata effettuata alcuna approssimazione.
Poniamo ora
ottenendo
e supponiamo che e , assieme
agli integrali (5.7), siano delle quantità
piccole. Approssimiamo al primo ordine (eliminando cioè
tutti i termini di ordine successivo al primo):
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(5.13) |
Nel caso abbiamo
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(5.14) |
Questo è un risultato molto importante, che ci permette di
ottenere rapidamente una stima del cambiamento di autovalore
conseguente a una perturbazione mediante integrali sugli
stati imperturbati.
Il caso ci dà
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(5.15) |
che pure ha una interpretazione fisica: uno stato
è ottenuto come ``miscela'' degli stati imperturbati,
di cui costituisce l'ingrediente
fondamentale, e in cui gli altri appaiono
con coefficienti proporzionali all'"accoppiamento"
tra e attraverso la perturbazione,
e inversamente proporzionali alla differenza di energia.
Notiamo che al primo ordine deve essere
.
Infatti
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(5.16) |
Al primo ordine il membro a destra è
, da cui l'asserto.
Riassumendo, i risultati della teoria delle perturbazioni non
dipendenti dal tempo al primo ordine sono
È naturalmente possibile sviluppare la teoria delle
perturbazioni ad ordini più elevati. Ad esempio al
secondo ordine si trova
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(5.19) |
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furio
2002-02-24