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Supponiamo di avere a disposizione una base di funzioni
fra loro ortonormali:
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(5.64) |
ed espandiamo una generica in questa base:
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(5.65) |
Sostituendo la (5.65) nella (5.63) si vede
immediatamente che quest'ultima prende la forma
dove si è posto
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(5.67) |
Poichè sia che la base sono dati, è una matrice
quadrata di numeri perfettamente nota, e che per la proprietà
di hermiticità dell'operatore hamiltoniano tale che
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(5.68) |
(quindi simmetrica nel caso in cui tutti gli elementi siano reali).
Come richiesto dal metodo variazionale, minimizziamo la
(5.66) rispetto ai coefficienti:
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(5.69) |
e questo fornisce5.1
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(5.70) |
Notiamo che se la base fosse un sistema completo (e quindi
infinita), questa sarebbe una forma dell'equazione di Schrödinger.
Abbiamo quindi dimostrato che queste stesse equazioni, nel
caso in cui la base sia finita, costituiscono la migliore
approssimazione possibile alla vera soluzione secondo
il principio variazionale.
La (5.70) è un sistema di equazioni algebriche
lineari e omogenee (non ci sono termini costanti) per le
incognite . In generale questo sistema ha come unica
soluzione possibile tutti i nulli (caso che ovviamente
non corrisponde ad alcuna funzione d'onda).
Per avere soluzioni non nulle è necessario che il determinante
dei coefficienti sia nullo:
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(5.71) |
Ciò corrisponde in pratica a dire che una delle equazioni
è una combinazione lineare delle altre, e quindi il
sistema si riduce in realtà a un sistema di equazioni
con incognite, che ammette soluzione non nulla.
La (5.71) è detta equazione secolare.
Si tratta di una equazione algebrica di grado in
(come subito si vede espandendo il determinante e notando che
la diagonale principale genera un termine contenente ,
e tutte le altre diagonali termini con potenze inferiori),
che possiede quindi radici.
Queste radici sono dette gli autovalori.
La (5.70) può anche essere scritta in forma matriciale
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(5.72) |
dove è qui la matrice costituita dagli ,
e è un vettore costituito dai disposti in colonna.
Le soluzioni sono quindi anche chiamati autovettori.
Per ogni radice (autovalore) vi sarà un corrispondente
autovettore (determinato a meno di una costante moltiplicativa,
fissata dalla normalizzazione). Avremo quindi autovettori.
Si potrà allora scrivere che vi sono soluzioni
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(5.73) |
dove è una matrice costruita disponendo in colonna,
fianco a fianco, gli autovettori, e tali che
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(5.74) |
ovvero, in forma matriciale, prendendo la componente ima,
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(5.75) |
La (5.72) è una equazione comune nell'algebra
lineare, ed esistono metodi standard per risolverla.
Data una matrice , si ottengono quindi facilmente--attraverso
routine di libreria--la matrice e un vettore di autovalori
.
Il processo di risoluzione è anche noto come diagonalizzazione.
Questo nome deriva dalla seguente importante proprietà di .
La (5.73) può essere vista come una trasformazione
delle funzioni di partenza in un altro insieme di funzioni
attraverso una matrice di trasformazione. Si può far vedere
che se le sono fra loro ortonormali anche le lo sono.
Si dice allora che la trasformazione è unitaria.
Ciò corrisponde ad affermare che
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(5.76) |
o in notazione matriciale
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(5.77) |
ossia la matrice inversa è uguale alla trasposta coniugata.
Consideriamo ora il prodotto di matrici e calcoliamo
un suo elemento:
avendo fatto uso dei risultati precedenti.
Si dice allora che la trasformazione riduce in forma
di una matrice diagonale, i cui elementi non nulli
sono gli autovalori. Possiamo vedere quindi il nostro problema
agli autovalori come quello della ricerca di una trasformazione
che porti dalla base originale ad una nuova base in cui
l'operatore ha una forma diagonale, ossia agisce sugli
elementi della base semplicemente moltiplicandoli per una
costante (equazione di Schrödinger).
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furio
2002-02-24